Tiburtino III
Generazioni esposte
nel museo storico delle future risposte.
Costruzioni, distruzioni, costruzioni.
Ristampa di un libro che narra di un libro,
e dell’ultima pagina assente, strappata.
Limbo a cielo aperto.
Nessun lampo imbianca
la forma della città che cambia.
Nemmeno la luce di un volto
che rimane se stesso.
Occhi che scrutano ogni angolo di strada
dalla buca per lettere
che fende una parete di chiesa.
Dalle cantine svuotate,
altri sguardi su una vecchia pellicola
riavvolta all’ultimo scatto:
un grembiule, l’album dei calciatori 1972.
Una bambola e due francobolli.
La stilografica, una chiave inglese
e biglietti della metro.
Tute da lavoro accanto al cellophane
di un abito da cerimonia.
Un copertone, astucci di rimmel,
la tessera del PCI non sgualcita.
La pistola, un portafogli sdrucito,
il filtro bruciacchiato di una canna.
Fiori, come quelli assetati che ricordano
una mamma uccisa prima dalla fame dei figli
e poi assassinata.
Sedie impilate davanti ai propositi
di uno spray spruzzato sui muri.
Cosa vuoi che c’entri Via Venafro con Via Mozart?
L’esito è nel tiro di un dado in pelouche
affidato alla sorte di una risposta di comodo.